Foto: Massimiliano Lorenzin
Un classico della festival season italiana, e ormai tra i veri calci d’inizio dell’estate, Nameless Festival ha festeggiato il decimo anniversario il 2, 3, e 4 giugno, portando più di cento artisti che hanno suonato su 4 palchi (più uno, poi ne parleremo). Il fondatore Alberto Fumagalli, ha ribadito più volte la voglia sua e del suo team di non accontentarsi e di cercare di garantire miglioramenti di edizione in edizione, settando l’asticella sempre più in alto e portando l’evento a una caratura sempre più internazionale. E quest’anno, forse più di tutti gli altri, si è proprio visto lo sforzo e la volontà di portare questo tipo di visione. Dalle 4000 presenze del 2013, si è arrivati alle oltre 90mila (aspettando i numeri ufficiali) di quest’anno in uno spazio di oltre 400mila metri quadrati situato tra i comuni di Annone di Brianza, Molteno e Bosisio Parini. Una crescita costante con uno sguardo sempre verso i territori che hanno ospitato il festival negli anni e con attenzione sempre all’ambiente e alla sostenibilità: ne è un esempio l’Igloo stage, che grazie alla collaborazione con CGTE Spa, è stato alimentato al 100% da energia rinnovabile.
Diverse sono state le collaborazioni che hanno fatto sì che all’interno del festival ci fossero attrazioni e stand di vario tipo.
Veniamo ai palchi: oltre alla riconferma dell’Igloo, del Live Stage (questa volta all’aperto) e del Nameless Tent (il vecchio main per intenderci), quest’anno il festival ha deciso di superarsi con un Main Stage impressionante: una struttura immensa in un’area open air arricchita con grandi ledwall, laser, giochi di luci, fiamme e fuochi d’artificio. Come se non bastasse era presente un quinto palco che possiamo definire segreto. Grazie alla collaborazione con Red Bull infatti, era presente un’area accessibile a tutti coloro che consumavano una bevanda a base dell’energy drink. Questo spazio allestito a tema circo ospitava oltre ai numerosi stand, un palco sul quale per tutti e tre i giorni si sono alternati diversi artisti, con anche sorprese e improvvisazioni come il sabato, a cura di SBAM! Records con SBAM! Soundsystem con Ackeejuice Rockers, Dj Moiz, Kosmi, Rivaz & Botteghi e Doctum o il super back to back tra Miles, Greg Willen, Marauda e Automhate.
Parliamo ora della line up. Possiamo dire con certezza che l’offerta 2023 di Nameless Festival è stata la più eterogenea della sua storia: dall’elettronica, al rap, passando dall’l’indie pop, dalla latina e dal punk. Si è partiti venerdì con artisti come Sonny Fodera, Will Sparks, Giorgia Angiuli, ma anche LA SAD, Ensi & Nerone, The Caracal Project fino ad arrivare a Malaa e al primo degli headliner: Paul Kalkbenner. Il tedesco si è esibito per due ore con un set in grado di coinvolgere le migliaia di persone presenti. E poi diciamolo, appena parte il loop di quelle cinque percussioni di ‘Sky And Sand’, c’è poco da fare, la lacrima scende sempre.
Mainstage – Foto: Francesca Binda
Il sabato è stato forse il giorno più atteso dai fan dell’elettronica. Il Nameless Festival ha riportato in Italia uno degli artisti più amati del pianeta: Skrillex. Lo statunitense mancava ormai da anni e questa attesa è stata sicuramente ripagata da uno show strepitoso condito da luci, laser, fiammate, fuochi d’artificio e addirittura coreografie di droni. Un set variegato che ha tratto spunto dai lavori vecchi quali ‘Scary Monster And Nice Sprites’ fino ad arrivare ai nuovi pezzi di ‘Quest For Fire’. Tra gli altri protagonisti della giornata sicuramente da menzionare Salmo, uno dei migliori performance che abbiamo in Italia, l’ormai padrone di casa Kayzo che ha dimostrato ancora una volta il legame che ha con il festival e i suoi fan, EDMMARO che ha regalato uno dei momenti più teneri dell’evento abbracciando il padre (Molella) durante ‘Freed From Desire’, e poi ancora Chris Lake, Ernia, Mara Sattei e i Catz’n Dogz.
Skrillex – Foto: Francesca Binda
Domenica invece è stato il turno di Mau P, Dom Dolla e Benny Benassi, ma anche de Il Pagante (che nella nuova “versione duo” ha presentato il nuovo singolo ‘Poveri Mai’), di Beatrice Quinta insieme alla dj Margherita Grechi, di Nitro e di Geolier. Il tridente finale del main ha visto protagonisti invece Lost Frequencies, Oliver Heldens e il grande ritorno in Italia di un altro grande della musica mondiale: Hardwell. Verso la fine del set del primo purtroppo ha iniziato a piovere e ha continuato sempre più insistentemente costringendo l’organizzazione a concludere il festival con circa 45 minuti di anticipo per questioni di sicurezza. Nonostante le condizioni atmosferiche a dir poco estreme, fino alla fine buona parte del pubblico di Nameless è rimasto fedelmente a ballare e saltare sotto la pioggia grazie anche alle mantelle impermeabili che prontamente l’organizzazione del festival ha iniziato a distribuire gratuitamente. Hardwell ha suonato poco, è vero, ma è riuscito subito a conquistare il cuore di tutti con alcuni dei suoi brani storici che hanno regalato un momento che personalmente ha avuto un fascino incredibile. Vedere migliaia di persone completamente fradice che si abbracciano e cantano a squarciagola le canzoni con cui sono cresciute, il tutto sotto il diluvio universale mi ha emozionato.
Rose Villain – Foto:Massimiliano Lorenzin
Tutto perfetto? No, ma è anche vero che la perfezione forse non esiste. Al di là di vari intoppi che possiamo definire “minori” come le code molto lente nelle postazioni cosiddette “top up” in cui ricaricare i propri bracciali (è così necessario utilizzare ancora il sistema dei token?) e in quelle food and beverage (sicuramente un problema, ma anche abbastanza inevitabile nei grandi eventi), una cosa va però sicuramente migliorata: il servizio navette. Troppo confusionario, con persone che venivano fatte rimbalzare da una parte all’altra dell’area esterna senza chiare indicazioni, e quindi tempi lunghissimi per andare via dalla venue e fare anche pochi km.
Per quanto riguarda chi si lamenta per la pioggia e per il fango di domenica, e di come è stata gestita la situazione, ci sono state delle polemiche. Evidenti e innegabili. Il mondo social presenta spesso il suo lato peggiore, e la rabbia e la stanchezza trovano facile sfogo in un posto o in un commento. Chiaro, piogge torrenziali e fango non si sposano bene con l’uscita in massa dai parcheggi e non sono nemmeno il massimo per guardare un concerto e ballare, ma è chiaro che una situazione come quella che si è creata domenica sera era di portata ampiamente maggiore di quanto prevedibile in caso di un “normale” maltempo. Condizioni atmosferiche a cui probabilmente non siamo abituati in un Paese dove fa caldo e c’è un clima sereno molto più spesso che altrove: chiunque sia un minimo “pratico” di festival in centro e nord Europa sa bene quanto sia comune andare a casa pieni di fango fino alle ginocchia. Andare a un festival è un’esperienza totalizzante, e il meteo avverso fa parte dei fattori in campo. Quindi, da fan della musica, cerchiamo di non accendere la macchina del fango (metaforico) con la scusa del fango (reale) perché è un fattore non controllabile da chi organizza per dodici mesi un evento di tre giorni, e facciamo solo del male alla musica.
Tirando le somme, Nameless Festival si è confermato come un evento di portata internazionale capace di coinvolgere un pubblico giovane e farlo divertire senza stop per tre giorni consecutivi, portando in Italia artisti di spessore straordinario e facendo capire che questo è solo un altro passo in avanti in vista dell’anno prossimo, quando il 14, 15, 16 giugno 2024 si svolgerà la nuova edizione (i biglietti saranno già disponibili da domani alle 14). E quindi a tutti quelli che “a me non piace quello” “eh ma il fango”, “eh ma troppo tempo in coda per riuscire a prendere un panino”, io dico coccoliamoci questo evento, perché è un gioiello per noi fan della musica, e se non ci fosse, sono sicuro che chiederemmo esattamente un evento come Nameless Festival.